Cibo e biocarburante del futuro, faremo il pieno con il fico d’India

Cibo e biocarburante del futuro, faremo il pieno con il fico d’India

Cibo e biocarburante del futuro, faremo il pieno con il fico d’India


Nel sud Italia, con le “pale”, si fa un po’ di tutto. Cucinate, usate come attrezzi, trasformate in sapone, appese al muro per decorazione: il fico d’India è una grande risorsa e ora una nuova ricerca ci racconta che questa pianta potrebbe essere ancor più preziosa di quanto si creda. Nel mondo che prova in tutti i modi ad affrontare la crisi climatica e il surriscaldamento è sempre più importante trovare soluzioni sostenibili per il futuro.

(foto: David McNew/Afp via Getty Images) 

In pochi anni, prevedono gli esperti, andremo incontro a temperature sempre più elevate, estati più lunghe, mancanza di risorse idriche e devastanti periodi di siccità: ecco allora che una pianta capace di resistere alle alte temperature e che necessita di pochissima acqua, potrebbe presto diventare una preziosissima risorsa. Il fico d’India, che per esempio in Italia, e in diverse parti del sud del Mediterraneo è ampiamente presente in natura, è una pianta con queste caratteristiche che, secondo gli esperti dell’Università di Nevada, Reno, potrebbe essere la chiave per il cibo sostenibile e il biocarburante del futuro.
 

Il fico d’India, da cibo sostenibile a biocarburante


Secondo gli esperti, fra cui John Cushman, professore di biochimica e biologia molecolare, del College of Agriculture, Biotechnology & Natural Resources dell’Università del Nevada, il fico d’india potrebbe diventare una coltura importante tanto quanto soia o mais e, nel prossimo futuro, in grado sia di essere fonte per i biocarburanti sia cibo sostenibile. In uno studio sul tema recentemente pubblicato su GCB-Bioenergy i ricercatori ritengono che la chiave del successo del fico d’India sia nella sua elevata tolleranza al calore e il basso consumo di acqua. Per caratteristiche, potrebbe essere più resistente ed efficiente di colture come riso e mais, che per esempio hanno limiti a certe temperature.
 
“Le aree aride diventeranno più asciutte a causa dei cambiamenti climatici – sostiene Cushman – e alla fine in futuro vedremo sempre di più questi problemi di siccità che interessano colture come mais e soia”. Bisogna quindi cercare delle soluzioni sostenibili.

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Nello studio durato cinque anni sono stati fatti diversi test sull’ “opuntia ficus indica”, pianta succulenta che ha dimostrato di avere chance come materia prima bioenergetica per sostituire le fonti fossili. I risultati ottenuti dagli esperimenti presso il Southern Nevada Field Lab della Experiment Station a Logandale in Nevada indicano infatti che il fico d’India ha la più alta produzione di frutti utilizzando fino all’80% in meno di acqua rispetto ad altre colture tradizionali.
 
“Il mais e la canna da zucchero sono le principali colture bioenergetiche in questo momento, ma usano da tre a sei volte più acqua del fico d’India” ha spiegato Cushman. “Questo studio dimostra che la produttività del fico d’India è alla pari con queste importanti colture bioenergetiche, ma utilizza meno acqua e ha una maggiore tolleranza al calore, il che  rende questa  coltura molto più resistente al clima”. In quanto coltura perenne, presente sia nel sud del Mediterraneo che nel Centroamerica (si crede sia originaria del Messico), il frutto e l’uso di questa pianta succulenta sono fondamentali sia  per i biocarburanti, sia per la loro funzione di rimuovere anidride carbonica dall’atmosfera immagazzinandola in modo sostenibile. Il fatto che cresca in zone aride, garantisce poi nuove opportunità: “Con circa il 42% della superficie terrestre in tutto il mondo classificata come semi-arida o arida c’è un enorme potenziale per piantare tanti fichi d’india per il sequestro del carbonio. Possiamo iniziare a coltivare colture in aree abbandonate che sono marginali e potrebbero non essere adatte ad altre colture, espandendo così l’area utilizzata per la produzione di bioenergia” sostiene Cushman.

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Inoltre, con un raccolto perenne, gli esperti sostengono che il fico d’India potrebbe avere grandi sviluppi sia come cibo che come alimentazione per animali. Frutti e “pale”, come le chiamano nel sud Italia, già oggi vengono utilizzati in vari modi in cucina, dalle marmellate sino alle gelatine, passando per diversi altri piatti.

La preparazione dei fichi d’India in un supermercato di Cancun, in Messico (foto: Getty Images) 

La ricerca si concentra poi sulla possibilità di studiare e usare i geni del fico d’India per migliorare l’efficienza nell’uso d’acqua di altre piante. In particolare gli scienziati si stanno concentrando sulla capacità della pianta di trattenere l’acqua chiudendo i suoi pori durante il caldo del giorno per prevenire l’evaporazione e aprirli di notte per respirare. L’uso dei geni potrebbe, sostengono gli esperti, aiutare altre piante ad aumentare la tolleranza alla siccità.
 
Ulteriori progetti di ricerca, condotti in California, mirano poi a sviluppare metodi per la massima produzione e ottimizzazione del raccolto e al tempo stesso conoscere più dettagli su malattie che per esempio arrestano lo sviluppo dei frutti. Sono in corso diversi esami su DNA e RNA per creare uno strumento diagnostico per rilevare e trattare i problemi legati alla malattia delle piante.  Infine, sempre nella speranza di un futuro sviluppo nell’uso di questo prezioso vegetale, gli esperti stanno studiando anche l’impatto di diversi pesticidi e lo sviluppo di alcuni di questi che potrebbero non danneggiare piante, salute dell’uomo e impollinatori.



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